A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Riprendiamo la nostra passeggiata per corso Ventidue Marzo, dirigendoci
verso la periferia, partendo da piazza Cinque Giornate e concentrandoci sulle
case site sul lato dei civici dispari.
Iniziamo quindi osservando il notevole edificio posto all'angolo tra
il corso e la via Cellini: esso è arricchito da alcune colonne, ma l'aspetto
senz'altro più interessante è la loggia in legno che ne caratterizza la
facciata, ed in particolare la parte che copre l'angolo dell'edificio.
Proseguendo, possiamo notare che il palazzo all'angolo con via Calvi,
in stile liberty, propone alcuni fregi tipici dell'epoca.
Poco dopo giungiamo nella graziosa piazza intitolata a Santa Maria del
Suffragio, il cui nome, derivato da quello della chiesa ivi prospiciente, è
dovuto alla soppressione del vicino cimitero di Porta Vittoria.
Avendo trattato questo soggetto in passato mi limiterò a ricordare che la
chiesa risale al 1896, ma la facciata è più recente: essa fu infatti
realizzata nel 1927 su disegno di Monsignor Spirito Chiappetta, progettista
anche della chiesa di San Camillo de Lellis nella piazza omonima.
Poco più avanti, il civico venticinque, il cui esterno è arricchito da
lesene, può vantare un elegante cortile ornato di colonne e un androne con
volta a crociera affrescata.
All'angolo con via Mameli, poi, ci attende un edificio con balconi dalla
forma semi-ottagonale; questo fatto, non frequente, può essere osservato
meglio dal marciapiede di fronte, ma è comunque visibile anche camminando
sotto di essi.
Superate le case popolari all'angolo con via Fratelli Bronzetti, che
dispongono di eleganti giardini in cui palme lussureggianti dànno un'immagine
esotica, incontriamo l'edificio che, dal punto di vista artistico, è senz'altro
il più importante del corso Ventidue Marzo.
Siamo giunti infatti al civico 33, noto come "Ca' di pomm" per le mele
in ferro battuto che adornano i balconi di questo elegante edificio liberty,
che pure vanta cornucopie e melograni tra i suoi fregi scultorei. Nell'androne,
inoltre, si trova un cancelletto in ferro battuto accompagnato, sulle pareti,
da due oblò in marmo verde, in cui pure si trovano griglie in ferro battuto;
nella portineria è presente un elegante armadio a muro d'epoca.
L'edificio si affaccia anche su piazza Emilia, sempre con ricchezza di
decorazioni liberty, che ben si accompagnano a quelle degli altri palazzi
siti nella piazza al di là del bel giardinetto centrale.
Giunti all'angolo con viale Piceno, troviamo un altro palazzo dotato
di fregi liberty, il civico 37, sopra il cui portone svetta un simpatico
mascherone, le cui sembianze ricordano vagamente un noto attore teatrale
milanese; seguono il civico 39, edificio di fine '800 con un interessante
cortile, ed il civico 41, sulla cui facciata è presente una elegante balconata
ricca di colonnine, che appare retta da quattro lesene che affiancano il
portone, ed è sormontata da un timpano curvilineo.
La piazza Grandi ci offre un ampio spazio verde, che spezza per un attimo
la linearità del corso in questo suo tratto finale; superati due palazzi,
l'uno caratterizzato da due colonne al piano terra, l'altro da un cortile
preceduto da una vetrata policroma, troviamo un altro piccolo spazio verde,
antistante antichi edifici color giallo ocra.
Essi erano la sede della Società Salsamentari, una fabbrica di
salumeria (la prima) di insuperata funzionalità per gli impianti e l'igiene,
che riforniva tutta Milano, ed il cui presidente era il salumiere Marcandalli;
l'edificio, in stile liberty, è opera di Stefano Lissoni e Giuseppe Mentasti,
e risale al 1907. All'epoca, ospitava nel mezzo le sale di lavorazione e
stagionatura, ed intorno gli uffici, il macello, le lavanderie e gli alloggi
degli operai; in padiglioni separati si trovavano i locali macchine, i porcili
e le officine per le riparazioni.
Prima di giungere al termine della nostra passeggiata abbiamo ancora due
edifici da osservare: il civico 61, con i suoi balconi dalla curiosa forma
semiellittica, ed il civico 63, con gli eleganti balconi in ferro battuto.